Quando il pessimismo è solo delusione
Ho deciso di parlare della poesia, e nella fattispecie alcune lettere del famoso epistolario del poeta-filosofo Giacomo Leopardi, figura di spicco della letteratura italiana dell’800, spesso considerato troppo frettolosamente un pessimista convinto piuttosto che un filosofo meditativo e un romantico deluso. Gli anni in cui Leopardi vive sono quelli della fine del 700 e della prima metà dell’800, cioè il momento di passaggio di teorie illuministiche verso una nuova concezione romantica e neoclassica della cultura e della natura. Sono gli anni in cui nasce la repubblica partenopea, si assiste all’ ascesa e alla sconfitta del grande Napoleone, alla nascita della borghesia e alla restaurazione della penisola italiana con la creazione del Regno delle 2 Sicilie.Avendo letto e studiato alcune sue poesie, tra cui l’Infinito e la Ginestra ho creduto più importante analizzare il suo aspetto intimo, come uomo, che quello critico come poeta,ecco perché ho scelto anche le lettere che lui scrive alla sua famiglia, così da vedere più facilmente anche il suo naturale impulso vitale e la sua umana speranza e non solo il suo pessimismo. Leopardi nasce nel 1798 a Recanati in una famiglia di nobili origini ma in difficoltà economiche; molte delle vicende familiari e soprattutto una salute sempre in pericolo e debole provocheranno in lui quel senso di tristezza e di paura che inevitabilmente influenzerà la sua produzione poetica. Durante tutta la sua vita cercherà di combattere quel contrasto tra l’amore per la vita e la speranza di essere felice e il limite fisico che lo porta ad evidenziare gli aspetti maligni e pessimisti della natura e degli uomini. Nel suo Epistolario, che più o meno è databile intorno al 1817 circa, si possono trovare i temi fondamentali del bisogno di ricevere e di dare amore, la concezione negativa della cultura in quanto frutto delle menti di uomini egoisti, la concezione di un mondo geograficamente piccolo per contenere la grandezza del genere umano e l’infelicità, le illusioni, il tedio e la speranza. Tutti questi temi sono trattati in maniera semplice e a volte anche contraddittoria,proprio perché sono lettere rivolte al padre, al fratello Carlo e alla sorella Paolina e all’amico di sempre Pietro Giordani. Queste lettere le ho lette come delle confessioni, come pensieri di un uomo con i suoi problemi e non come dati di fatto cioè cose a cui tutti devono credere. Ho letto del suo grande dolore e della sua sofferenza, causate da uno stato di salute che mai migliora ma anche e soprattutto da una delusione dei più semplici bisogni di un uomo, come le delusioni d’amore e la convinzione del vuoto e dell’illusione di una vita felice. Pertanto ho trovato lettere in cui lui ha scritto:”Io non sono più buono a cosa alcuna del mondo” ma contemporaneamente leggeremo anche:” La vita rimane intatta quando ci sia la forza di immaginare , di sentire e di amare. Ed io amo ,vivo e voglio vivere.” Ho spesso letto sui libri di un Leopardi materialista ed illuminista, ma è lui stesso che afferma in una lettera:” Il cuore rifà la vita che l’intelletto distrugge” considerando appunto la poesia espressione del sentimento e la ragione un ostacolo e un pericolo. spesso ho letto di un Leopardi romantico ma è lui che afferma:” Tutto è male, esistere equivale ad essere perennemente insoddisfatti, incontentabili; responsabile del male è la natura.” Dopo questa mia ricerca e soprattutto dopo aver letto alcune sue lettere mi viene più facile comprendere le illusioni e il dolore di un uomo fisicamente debole e passionalmente infelice, come “normali” azioni vendicative nei confronti di una natura con lui spietata e di un amore con lui crudele; si odia e si distrugge ciò che non si raggiunge e chi ci allontana. Un famoso critico, Francesco De Sanctis, definisce Leopardi ottimo uomo ed artista ma in alcuni passi un superficiale pessimista che si contraddice con una poesia genuina e speranzosa. Nella poesia l’Infinito Leopardi chiede aiuto all’immaginazione per superare il limite fisico della natura e mentale dell’uomo perché sa che esiste uno spazio senza confini dove lui può trovare pace e quiete. Leggendo questa poesia trovo poco di quel pessimismo di cui tutti lo accusano e vedo invece un uomo speranzoso e sensibile. Nel “Sabato nel villaggio” ci dice che la felicità può risiedere solamente nell’attesa e nella speranza. Ecco perché è difficile per me considerare un uomo pessimista un uomo che crede cosi tanto nella vita e nell’amore e soprattutto nella speranza, il fatto è che queste convinzioni lo portano ad una sofferenza atroce ma conserva, seppur ferita e agonizzante, la speranza che i suoi desideri possano diventare realtà. Lo considero, invece, un uomo arrabbiato e deluso pieno di emozioni negative e di pensieri contrastanti, natura prima benigna e poi maligna, intelletto prima chiarificatore poi distruttore, l’Amore prima vitale poi nemico. Un uomo arrabbiato è un uomo deluso non pessimista. Un uomo pessimista nel profondo non avrebbe mai fatto nascere un fiore,(nella Ginestra):“in campi cosparsi di ceneri infeconde e ricoperti dell’impietrata lava, dove si annida e si contorce al sole la serpe……” né mai avrebbe scritto “dove tu siedi, o fior gentile e quasi, i danni altrui commiserando, al cielo di dolcissimo odor mandi un profumo che il deserto consola.” In un pessimista non c’è mai consolazione. È stato più semplice ricercare notizie attraverso le sue poesie che attraverso tutte le lettere dell’epistolario ma ho cercato di tirare fuori, nel modo più oggettivo possibile, quelli che erano i punti fondamentali della sua poetica e del suo pensiero. E grazie a questo lavoro posso dire di aver sviluppato un mio pensiero personale su quest’ uomo e non mi limito più a considerarlo come tutti semplicemente un pessimista.
Lorenzo Pullano 3 B
Il poeta fanciullino e il dolore di vivere
Nello stesso periodo in cui si diffonde la poetica del “superuomo” di D’Annunzio, il poeta romagnolo sceglie di raccontarci la sua dolorosa esistenza e la realtà attraverso la sua poesia, con lo sguardo ingenuo e spontaneo di un bambino
Giovanni Pascoli è ancora oggi ricordato in tutto il mondo come uno dei più grandi poeti della nostra letteratura, capace di raccontarci, partendo dalla sua esperienza personale e familiare, il dolore, il turbamento e lo smarrimento di un periodo complesso della storia italiana: la seconda metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, quando gli artisti e gli scrittori sentivano più forte l’incertezza e la paura del futuro.
La sua vita fu segnata da una lunga serie di lutti familiari: l’uccisione del padre, raccontata nei bellissimi versi della poesia “X agosto”; la morte di dolore della madre e di uno dei suoi più cari amici; la perdita successiva della sorella maggiore e dei due fratelli. Pascoli visse questi eventi e le difficoltà che seguirono (alla morte del padre, ad esempio, la sua famiglia visse gravi problemi economici) con un profondo senso di ingiustizia; ingiustizia e disperazione che egli vedeva nelle sue vicende personali, ma anche in tutta la società: questo probabilmente motivò la sua adesione al socialismo, a cui si avvicinò più per motivi sentimentali che per una vera convinzione politica. Pascoli non era interessato alla politica attiva, ma alla ricerca di un ideale che potesse contrastare il male del mondo, insegnando l’amore, la pietà e il perdono agli uomini sempre in lotta tra loro.
L’angoscia e la paura del domani portarono il poeta Pascoli a rifugiarsi nel chiuso e protetto “Nido” degli affetti familiari; al ritorno al mondo dell’infanzia, alla vita semplice e alle cose umili della campagna; al rifiuto della storia; a sperare nell’affratellamento di tutti gli uomini e nella fine della lotta tra le classi sociali.
Nelle pagine del “IL FANCIULLINO” (1897), Pascoli dichiara che il poeta è il fanciullino che vive dentro ognuno di noi e che la poesia è qualcosa di ingenuo e spontaneo, perché il fanciullo non “inventa” la poesia, ma la riconosce nelle cose che lo circondano: partendo dalle sue dolorose esperienze personali, ecco che il nido vuoto sull’albero diventa il simbolo della vita svuotata dagli affetti della famiglia; un aratro abbandonato in mezzo al campo il simbolo della solitudine; l’aquilone (titolo di una celebre poesia) il simbolo della spensieratezza dell’infanzia destinata a non durare a lungo.
Pascoli racconta la tristissima vicenda dell’uccisione del padre nella poesia X AGOSTO attraverso l’immagine poetica della rondine che non fa più ritorno al tetto, dove i suoi rondinini la attendono nel nido, pigolando tristemente: “… e il suo nido è nell’ombra, che attende, che pigola sempre più piano…”.
Leggendo le poesie di Pascoli, possiamo capire quanto sia stata difficile e dolorosa la sua vita, ma scopriamo anche che per lui la poesia ebbe sempre una funzione consolatrice, perché nelle sue opere egli non smise mai di invitare gli uomini ad essere fratelli, ad accontentarsi delle piccole cose della vita quotidiana, ad unirsi contro la comune infelicità, a guardare sempre al mondo con gli occhi di un fanciullo.
Martina Esposito 1 H
Verga e i problemi dell' unità d' Italia
E mentre Garibaldi tornava vittorioso a Milano, dopo aver finalmente unito l’ Italia, in tutto il meridione vi era un diffuso malcontento dei contadini, che speravano in qualche riforma che li avvantaggiasse e non in un nuovo corrotto governante. Questi argomenti interessarono gli autori veristi, che si occupavano di scrivere con semplicità e impersonalità la realtà più profonda e allo stesso tempo infelice del Sud Italiano, primo tra tutti Giovanni Verga, cresciuto nell’ agitato clima sicilano.
Giovanni verga nacque a Catania, nel 1840, e abbandonò gli studi per potersi dedicare alla letteratura. Le sue prime opere erano dei romanzi leggeri ritraevano ambienti aristocratici (”Eva”, “Tigre reale”).
Successivamente, si convertì al verismo e iniziò a scrivere dei disagi della popolazione siciliana.
Il suo testo più importante è “Il Ciclo dei Vinti”, diviso in due volumi “Malavoglia” e “Mastro Don Gesualdo”. Il primo narra la storia della famiglia dei Malavoglia, una famiglia colpita da una una serie di sciagure; il capofamiglia decide di acquistare tramite un prestito una partita di lupini, che però perdono durante il trasporto. A questa disgrazia seguono numerosi lutti che segneranno la famiglia ormai sgretolata. Il secondo parla Mastro Don Gesualdo, un manovale molto attaccato al denaro che aspira a una migliore posizione sociale. Per questo sposa Bianca, una nobile decaduta, che però esaurirà tutto il patrimonio di Mastro Don Gesualdo insieme alla figlia.
Dal “Il Ciclo dei Vinti” si può trarre la morale dell’ ostrica: l’ uomo è come un’ ostrica attaccata a uno scoglio e se cerca di staccarsi per trovare una posizione migliore, verrà travolto.
Con i suoi romanzi Verga cercava di convincere i contadini a rimanere al proprio posto, perchè sarebbe stato rischioso -economicamente parlando- abbandonare il proprio ruolo in cerca di una posizione migliore nel mondo. Io penso, però, che si fosse limitato a osservare la vita dei contadini dopo l’ unità d’ Italia, perchè penso che con una vita così dura, sia necessario avere comunque delle speranze. E poi bisogna volere sempre il meglio, perchè è gratificante riuscire nei propri obiettivi, senza porsi alcun limite. Con Verga, invece, sono d’ accordo per la forma di un romanzo, un linguaggio semplice che definisce una trama complessa e realistica, come se “si fosse fatto da sè”.
Trovo che sia lo scrittore che riporta meglio la realtà, soprattutto in quel periodo dell’ unità Italiana, dove un letterato poteva scegliere tra l’ accontentare la borghesia, scrivendo romanzi, o portare alla luce le tristi condizioni del Meridione.
Alice Allocati 3 H
I tre momenti di Giovanni Verga
un’amica di famiglia o4/o9/184o
Era un bel sabato mattina quando nacque. Mi trovavo a Catania per far visita alla famiglia. Il 31 agosto o il 2 settembre,non ricordo bene. Forse era l’altro ieri,forse una settimana fa,non so. So soltanto che al primo pianto di quel bambino il fato già sapeva a cosa era destinato. Grandi cose.
il parroco 28/o1/1922
Ieri è morto Giovanni verga,una persona che stimavo moltissimo,ma si sa,sono sempre i migliori che se ne vanno prima. Ho ,qui in canonica,tutte le sue opere,mi piaceva molto,come autore. Non mi piacciono le opere che di vero hanno solo il nome dell’autore,e forse neanche quello. Nei suoi racconti c’era sempre quel velo di speranza che si scioglie come un cubbetto di ghiaccio. I suoi manoscritti sono veri,raccontano per filo e per segno le condizionidegli italiani del sud. E io ne vedo parecchi di contadini o di misere persone che vengono a pregarmi per un pasto. Mi piaceva anche quel concetto dell’ostrica che dilagava tanto. Perchè è vero,i deboli rimarranno sempre deboli e il miglioramento è inutile,serve solo a confondere. Guardate la chiesa ,non è migliore di quella di Pietro eppure è fantastica! Una sola cosa dei suoi romanzi non mi piaceva:non dava una sua opinione,e questo è fondamentale per uno scrittoe. Mi sono dispiaciuto molto alla notizia della sua morte. Il Regno d’Italia ha perso un valido commendatore della Corona d’Italia.
Caterina Primativo o1/o3/2o13
Come dovrei descrivere Verga in tre parole? Padre drammaturgo italiano. E’ fantastico! Mi piace molto,ma io amo tutti i romanzi tristi con un ”brutto finale,, che,per me è un ”bel finale,,! Tra tutti i poeti e scrittori che ho studiato è forse il migliore. Dopinge la realtà così com’è,senza tanti ghirigori e giri di parole
Caterina Primativo 3 H
Giovanni Verga
Giovanni Verga, scrittore siciliano nato a Catania nel 1840 da famiglia benestante di nobili proprietari terrieri, fu il promotore del movimento letterario chiamato “verismo”, a sua volta ispirato al “naturalismo” francese come autore verista si propone di raccontare, nelle sue opere, ciò che veramente succede nella realtà, senza modificarla.
Nel raccontare tali vicende, l’autore ne evidenzia soprattutto gli aspetti problematici; fra questi vi sono quelli legati all’Unità d’Italia e li ritroviamo in molte opere. Le principali furono “i Malavoglia” e “Mastro don Gesualdo”, due capolavori ambientati nel periodo post-unitario. In entrambe le opere ritroviamo storie di famiglie umili con problemi economici e se ne evidenziano gli sforzi compiuti per migliorare le proprie condicìzioni di vita; alcune volte senza successo, come nei Malavoglia, famiglia di pesctori che si indebita nel tentativo di risolvere i problemi, peggioranso ulteriormente la loro condizione.
Nel romanzo “Mastro don Gesualdo” si parla di un umile muratore che riesce a diventare ricco sacrificando però la sua felicità.
Come causa dei problemi dell’Unità d’Italia il Verga pone le scelte della classe dirigente borghese; dice che dopo l’Unità d’Italia la borghesia ha preso nelle mani il potere, trascurando di restituire ai contadini le terre di latifondisti,determinando così povertà e difficili condizioni di vita di chi lavora nei campi.
Per me Giovanni Verga è uno scrittore da ammirare perchè, pur essendo di origini ricche e nobili, ha preso a cuore i problemi della gente più povera e umile.
Moschetta Ilaria 3 H
Ugo Foscolo: un intellettuale libero
Il poeta di Zante interpretò il suo tempo , ma riuscì ad esprimere sempre, con assoluta libertà, sentimenti e passioni
Oggi,in un’epoca di computer e di comunicazione globale di massa, cosa puo’ ancora insegnarci la “poesia” di un uomo vissuto due secoli fa?
Leggendo le opere di Ugo Foscolo, si resta colpiti dalla varietà e dalla forza delle idee che egli seppe esprimere, ma non è questo l’unico aspetto interessante della produzione artistica foscoliana .
Foscolo è un ateo, cioè non crede nella vita eterna e nell’ immortalità dell’ anima. Egli si è formato le dottrine materialistiche e sensistiche del 1700, ma nonostante ciò egli scrisse un opera intitolata “I Sepolcri”, dove si interroga sul senso della morte e della vita, chiedendosi se questa è meno dolorosa nella tomba “all’ ombra di un cipresso”.
La risposta è che la morte e sempre la fine di tutto ,ma il culto dei morti è importate per il duplice valore delle tombe: il primo è dato dal rapporto affettivo tra i vivi e i loro cari morti; il secondo potrebbe definirsi un valore civile e sociale, in quanto è il valore della tomba come “modello” di gran uomini da ricordare. Questo porterà ad esprimere anche una prima idea di “italianità”, cioè di quel sentimento che porterà gli italiani a combattere per una patria unita, libera ed indipendente.
Foscolo è considerato un preromantico,anticipando questo ed altri sentimenti che saranno al centro del Romanticismo.
Il poeta di Zante è però anche un neoclassico e si ispira alle opere latine come nel sonetto “In morte del fratello Giovanni”, che ricorda “Multas per gentes” di Catullo anche se esprime toni e sentimenti più drammatici ,intimi e “romantici”.
Egli comunque si soffermò anche su spunti e argomenti più “moderni” e legati alla storia del suo tempo. Resta famosa la sua scelta di ribellarsi ai nuovi “dominatori”. Quando Napoleone fu sconfitto , con il Congresso di Vienna,gli Austriaci tornarono in Italia e Foscolo fu incaricato di dirigere un giornale filo austriaco , ma egli rifiutò ; così, la notte prima della convocazione per il giuramento di fedeltà agli Austriaci,scappò dall’ Italia,lasciando alla madre la famosa “Lettera dell’esilio”,dove si evince che egli è un’ intellettuale libero da ogni condizionamento e dove cita letteralmente:
“Mio fratello che fa il soldato fa bene a giurare, ma io professo letteratura,che è arte liberalissima e quando è venale ,non val più nulla!”.
Con semplici parole,Foscolo ha spiegato un concetto da capire e da attuare tutt’ oggi:la letteratura è libera e se viene comprata dal potere perde ogni valore. Foscolo fu , dunque , un grande interprete del suo tempo, ma soprattutto un intellettuale libero e la sua lezione può darci ancora oggi numerosi spunti di riflessione.
Lavoro di gruppo svolto dagli alunni che frequentano il corso di letteratura della
Prof.ssa Angela Russo :
Aloisio Francesco Giuseppe,Castellano Marina,Celentano Alessia,De Blasio Chiara,Della Rocca MariaVittoria,De Lucia Fabrizia,Di Tommaso Marika,Esposito Martina,Falzea Matteo,Gigante Francesco Alberto,Lombardi Paola,Luongo Irene,Maione Ilaria,Mazzocca Giulia,Mirra Vittorio,Morlando Irene,Nani Gabriele,Primitivo Caterina,Reppucci Daniela,Sellitto Lorenzo,,Sole Nina,Varriale Silvia,Viglietti Dario,Viglietti Emanuela
ALESSANDRO MANZONI
In una Milano sotto il dominio austriaco e sconvolta dalla corrente patriottica del romanticismo nacque Alessandro Manzoni , grande poeta e scrittore ottocentesco nonché scrittore inventore del primo romanzo storico italiano intitolato “I promessi sposi”. Possiamo dire che la poetica del Manzoni è derivata da alcuni avvenimenti nella sua vita molto importanti ; lui infatti nacque da una famiglia con idee contrapposte : la madre Giulia Beccaria , grande illuminista e grande donna , figlia di un altro grande illuminista , il giurista Cesare Beccaria , il padre invece un nobile un po’ rozzo e legato al cattolicesimo che però praticava in maniera bigotta . La differenza era troppo grande per continuare a vivere insieme , per questo Giulia Beccaria decise di scappare a Parigi con l ‘ amante Carlo Imbonati . Il padre , rimasto solo con Alessandro , decise di fargli seguire la religione cattolica molto duramente tanto che raggiunta l ‘ età adulta , divenne ateo e raggiunse la madre a Parigi . Lì conobbe Enrichetta Blondel , una donna che non solo diventerà sua moglie ma che lo convertirà al cattolicesimo . All’ inizio il giovane , ancora affascinato dalla ritrovata ( ma ancora sconosciuta sotto tantissimi aspetti ) religione , decise di scrivere gli “ Inni Sacri “ , dove parlò della religione , dei suoi dogmi e della sua complessità . Dopo un po’ di tempo cerco di interpretare a suo modo la religione e concluse attraverso delle tragedie (le più famose sono l’Adelchi ed Il conte di Carmagnola) che i buoni sulla terra dovevano soffrire per poi godere della felicità dopo la morte. Questa fase della poetica è detta “Cattolicesimo pessimistico” o “Provvida sventura”. Alla fine abbiamo l’ultima fase chiamata “Cattolicesimo della maturità” dove egli diede molta importanza alla Provvidenza di Dio che si manifesta attraverso alcuni aspetti favorevoli ai buoni. E’ in questo periodo che scrisse “I Promessi sposi” proprio seguendo i canoni dell’ultima fase. Egli spiegò anche che in un romanzo ci dovevano essere tre regole fondamentali: il vero per oggetto, l’utile per fine e l’interessante per mezzo. Il primo vuole significare che un romanzo per essere tale deve contenere fatti storici o veri, il secondo vuole dire che lo scrittore alla fine deve far capire la morale del romanzo, il terzo, infine, vuole far capire che nel romanzo ci devono essere avvenimenti inventati, ma solo con lo scopo di incuriosire il lettore. I promessi sposi, ambientato nella Lombardia del 1600, sotto la dominazione spagnola, parla del matrimonio tra Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, che viene impedito, solo temporaneamente, da un signorotto del paese dove vivono. Alla fine, dopo numerosi combattimenti, e con la speranza sempre grande, i due riescono a sposarsi.
Il personaggio più divertente è Don Abbondio, perché viene descritto dall’ autore in modo buffo. A mio parere, però, questo personaggio dovrebbe essere considerato tra i cattivi perché, da vile, non impedisce a Don Rodrigo di effettuare soprusi contro i protagonisti. Il curato può essere paragonato a tutti quei preti che prendono i voti solo per non affrontare la vita vera e quindi non essere soggetti a soprusi e ricatti. Un esempio di chiesa “vera”invece è quella di Fra Cristoforo, che non ha paura di Don Rodrigo e lo affronta con coraggio,proprio come fanno ,al giorno d’oggi ,i tanti sacerdoti che combattono contro la mafia e la camorra.
Lorenzo Sellitto 3 H
Unità d'Italia, un percorso storico
Il risorgimento è il periodo storico che va dalla prima metà dell’ 800 all’inizio del 900. Durante questa fase della storia cci furono molte guerre per conquistare l’indipendenza e alla fine si giunse all’unità d’ Italia. Il primo teorico del risorgimento fu Giuseppe Mazzini. Egli sosteneva che per giungere all’ unità d’Italia si dovesse agire con la forza e che tutto il popolo si dovesse ribellare al re. Il suo pensiero si basava su due binomi: Dio e popolo e pensiero e azione. Organizzò molte insurrezioni che però fallirono tutte Fondò anche alcune società segrete: la Giovine Italia e la Giovine Europa. Nel 1848 scoppiò la Prima Guerra d’Indipendenza che si concluse con la vittoria degli Austriaci. Un altro teorico del risorgimento Fu Camillo Benso di Cavour. Al contrario di Mazzini , Cavour voleva arrivare all’ unità d’Italia per vie diplomatiche. Egli con la sua astuzia riuscì a intromettersi negli affari in politica estera attraverso la Guerra di Crimea. E riuscì a far conoscere agli altri Stati i problemi dell’ Italia. Continuava a puntare sulla Francia infatti firmò il trattato di Plombières in cui si diceva che ogni qual volta l’Italia fosse stata attaccata dall’ Austria , la Francia , all’insaputa di Cavour , concluse un armistizio a Villafranca con l’ imperatore d’ Austria in cui si diceva che la Lombardia sarebbe stata ceduta al Piemonte . Nel frattempo era in atto la Seconda Guerra d’ Indipendenza (1859) che si concluse con l’ allontanamento degli Austriaci dall’Italia Settentrionale. La conclusione della guerra non soddisfò il Cavour che dette le sue dimissioni . Continuò la Terza Guerra d’Indipendenza che si concluse con la liberazione del Veneto. L’ ultimo eroe del risorgimento è Giuseppe Garibaldi detto “ l’ eroe dei due mondi” perché aiutò a liberare alcuni stati dell’ America Latina e attraverso la spedizione dei Mille liberò l’Italia Meridionale dal dominio straniero . Poi si incontrò con Vittorio Emanuele II a Teano e gli consegnò le terre conquistate . Ma amareggiato per l’ incomprensione dei piemontesi sciolse le Camice rosse e si ritirò a Caprera. Intanto si proclamò nel 1861 il Regno d’ Italia con a capo Vittorio Emanuele II . L’ unico stato che ancora non appartiene al Regno d’ Italia era lo Stato Pontificio . Così con la morte del re di Francia , che aveva impedito l’ attacco allo Stato , ci fu una guerra a Roma contro i pontefici che si concluse con la vittoria degli italiani. E così dopo 3.000 anni l’ Italia raggiunse finalmente l’Unità d’ Italia . Nel frattempo morirono i più importanti esponenti di questo periodo: Mazzini , Cavour e Garibaldi . Il risorgimento è stato molto importante per la storia d’Italia e noi non dobbiamo dimenticare assolutamente tutti quelli, importanti o meno, che hanno contribuito all’ unificazione dell’Italia e che hanno lottato tanto per ottenerla.
Grillone Fabrizia 3 H
Enrico VIII Tudor e le sue sei mogli
Enrico VIII della dinastia dei Tudor fu un re che visse tra la fine del 1400. Egli,dovrebbe essere ricordato per l’atto di supremazia con cui divenne anche capo della chiesa anglicana ,ma ,invece la “storia-gossip” lo ricorda soprattutto per le sue sei relazioni d’amore. La prima di esse fu quella con Caterina d’ Aragona con cui ebbe una figlia Maria successivamente detta la “sanguinaria” le due poi furono esiliate. La seconda moglie fu Anna Bolena che fu impiccata dopo aver avuto una figlia Elisabetta che governerà per quaranta anni in Inghilterra , una delle migliori regine Inglesi. La terza moglie fu Jane Seymour che morì dopo il parto di Eduardo IV che governerà poi in Inghilterra. La quarta moglie fu Anne di Clèves che fu ripudiata da Enrico ma rimase a corte finché non morì. la quinta moglie fu Catherine Howard che era la cugina di Anna Bolena;ella fu accusata di adulterio per cui fu impiccata. La sesta e ultima moglie fu Katherine Parr che sopravvisse alla morte di Enrico VIII e si sposò con il fratello di Jane Seymour cioè Thomas Seymour.
Testa Gabriele 2 H